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La normalità che soffoca (144695)

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on . Postato in Dipendenze e Abusi | Letto 809 volte

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Gloria 23

Salve, ho una famiglia "normale", felice, genitori sposati da più di 20 anni. Io vivo fuori casa da tre anni. Non ho un lavoro. Mi prostituisco perchè mi va di farlo, perchè sono troppo pigra per lavorare, perchè un lavoro normale non riuscirebbe a mantenermi. Non ho portato a termine le scuole superiori. Non ho alcuna stabilità. Tutto mi stanca. Tutto mi soffoca. Mi sono chiusa in casa per più di un anno uscendo molto raramente perchè priva di qualsiasi stimolo. Ho conosciuto l'anno scorso una ragazza, con lei ho passato i cinque mesi più belli della mia vita, gli unici mesi in cui mi sono sentita viva. Sesso, discoteca, soldi, cocaina, sballo. Questo è ciò che mi fa sentire viva. Dopo quei quattro mesi, lei ha deciso di cambiare vita. E io sono tornata a non avere alcuno stimolo, non esco quasi mai, non mi interessa vedere conoscere gente, passerei tutto il giorno a letto... Davanti internet... Alla tv... Ora sto con un ragazzo da pochi mesi... E già soffoco. Vorrei tornare a divertirmi, ma allo stesso tempo voglio stare con lui. Non riesco a trovare pace. La normalità non mi fa sentire viva, non mi da stimoli, ho bisogno di vivere sopra le righe. Ora avrei voglia di fuggire, di scappare. Di andarmene. Di provare una nuova città, di inventarmi una nuova io. A settembre 2009, sono finita in psichiatria per autolesionismo e abuso di benzodiazepine che mi procuravo. E, per quanto sia folle ammetterlo, in quel periodo, turbata e dilaniata dall'ansia, mi sentivo più viva di ora. Perchè lo sbando, la droga e tutto ciò che dovrei evitare mi attrae così tanto? Perchè non riesco atrovare pace? Un saluto.

 

Cara Gloria, deve essere un vero incubo rincorrere sempre sensazioni nuove, fuggire dalla vita quotidiana, fuggire da se stessi, fuggire da quella realtà che chiami normalità e che ti rincorre ovunque tu vada! E’ anche molto triste, che una ragazza così giovane debba vivere tutto ciò, debba vivere una realtà degradante e degradata, l’angoscia più completa e l’anaffettività più disorientante. Ci poni queste domande così importanti: “Perché tutto ciò che dovrei evitare mi attrae così tanto? Perché non riesco a trovare pace?” Il fatto che tu ti chieda queste cose è già importante, è un inizio di lavoro e di cambiamento. Bene! Vediamoci un po’ più chiaro. Tu chiedi perché ti attrae, ciò che dovresti evitare. Sottolineo che certe condotte non le devi evitare, non c’è una condotta o un codice morale che devi seguire. Il punto è che queste condotte sono distruttive, creano ulteriore disagio psicologico, un circolo vizioso da cui è sempre più difficile uscire, una crescente difficoltà a trovare un lavoro, ad avere relazioni sane, ad essere interessata alle cose, alle persone, alle attività, una rinnovata sfiducia in te e nelle tue capacità. E’ per tutto questo, che non si dovrebbe adottare certe condotte, è per amore di sé, è per desiderio di vita e di tante altre cose, non certo perché qualcosa o qualcuno dice di non farle. Tu spesso parli di noia, incapacità, attrazione. Penso ci sia una grande confusione. Non penso affatto che tu sia incapace di lavorare, di mantenerti con un lavoro, di terminare gli studi e di fare altre cose. Non penso affatto che di per sé ti piaccia prostituirti, che tu sia attratta dal dolore, dalle sostanze, ecc. Ritengo invece che tutto ciò sia dovuto ad una tua incapacità e paura a far fronte, alla depressione che ti attanaglia. Se non vuoi uscire di casa, se non riesci ad alzarti dal letto non è pigrizia, ma uno stato depressivo non riconosciuto, che forse inconsciamente spaventa profondamente. Comprendo che usare questo termine “depressione”, può spaventarti ulteriormente, ma non possiamo nasconderci sotto le coperte, questa è la realtà. Non ci sono reali incapacità in te, ma solo una condizione emotiva da vedere meglio e curare. Non a caso, tu cerchi tutto ciò che ti riempie di stimoli e ti fa sentire meglio, più su . Infatti, anche gli atti di autolesionismo e l’ansia ti hanno fatto sentire viva, perché sono stimoli (interni questa volta) molto intensi. Il dolore fisico, provocato da atti lesivi infatti richiama e definisce il dolore psichico, che in qualche modo lo stato depressivo tenta di fuggire. L’ansia, per quanto spiacevole, è uno stato di movimento interno e non di stasi, come l’umore triste. Ed essendo uno stato dinamico richiama la vita, la vitalità, ci fa sentire noi stessi, il nostro corpo ed il senso di esistere. La depressione infatti, consiste proprio in una sorta di cortina, di appiattimento emotivo, la fuga dal mondo, perché essere vivi comporta sintonizzarsi con qualcosa di doloroso che si agita dentro. Per cui, il ritiro, attraverso tutta una serie di condotte quali l’isolamento, l’ipersonno, la fuga da responsabilità lavorative e sociali, ecc., costituiscono modi per fuggire dagli affetti stessi. Da una parte tu versi in questa condizione depressiva di ritiro dalla vita, che ti permette di evitare il dolore, dall’altra sei spaventata proprio da questo stato appiattito e mostri il tentativo inconscio di uscirne, impiegando meccanismi reattivi quali l’uso di sostanze, la sessualità sfrenata e mercificata, il divertimento, l’autolesionismo, ecc. Cerchi di uscire da questa stasi, attraverso la ricerca di esperienze cariche di stimoli e di adrenalina. Ma come tu potrai ben comprendere, questa non può essere la via d’uscita, ma solo una soluzione momentanea che conduce ad un tunnel senza fine. Mi chiedo cosa ti sia successo, qual è quel dolore che ti affligge tanto, quello da cui fuggi forsennosamente. Cosa, ha cambiato per sempre la tua vita Gloria? Cosa, ha portato via i tuoi sogni di bambina? Cosa ti ha soffocato, obbligata e resa impotente? E come mai, il dolore ti spaventa tanto? Per quanto tu ne sia spaventata, per quanto quello che ti è successo possa essere traumatico, ti assicuro che il dolore non ti spezzerà. Se ne sei sopravvissuta fino ad oggi, se riesci a sopravvivere alla tua vita attuale, significa che puoi tollerarlo e puoi superarlo, oltre ogni tua aspettativa. Sì, perché tu temi che ciò che ti è successo in passato, che ti crea tanto dolore, ti possa far ancora del male, ma in realtà tu te ne stai già facendo a dismisura. Ti prostituisci, vendendo te stessa e la tua dignità di donna e di persona. Non credo proprio che questo “ti vada”, questa è solo una frase d’effetto per nascondere le tue incertezze. Ti procuri dolore fisico, subisci gli effetti e la dipendenza (sia emotiva che fisica) delle droghe, non ti permetti relazioni nutrienti e continuative, ecc. Insomma, credo che ti stai facendo del male a sufficienza e forse è proprio ora di cominciare a farsi del bene. Mi chiedo poi, dove sono i tuoi genitori. Tu definisci la tua, una famiglia normale, felice. Bhe, tanto normale non mi sembra se non si accorge di quanto ti sta capitando, che non da un freno alla tua condotta, che ti permette di farti del male in questo modo. Come fanno i tuoi ad essere felici, con te in questa condizione? E io penso che ce la stai mettendo proprio tutta, per attirare la loro attenzione, per essere provocatoria e visibile, del resto lo stai facendo anche con noi, dicendo con quest’aria di esibita indifferenza che fai la prostituta, che abusi di sostanze, che ti fai male, ecc. Per cui, se non ti vedono vuol dire che c’è un serio problema e che tu devi essere molto arrabbiata. Probabilmente, stai chiedendo aiuto a più riprese, ma non vieni ascoltata! Questa è proprio una brutta sensazione. Adesso però, devi fare un passo ulteriore, andare oltre la provocazione ed imparare davvero ad aiutarti, a chiedere aiuto in modo chiaro e diretto alla tua famiglia, ma soprattutto a chi può aiutarti in modo strutturato. Devi proprio imparare a tenderti la mano e ad offrirti un’altra possibilità. Tutte le strade sono ancora aperte, devi crederci e lavorare per andare in quella direzione. Se prosegui nella direzione attuale, arriverai solo ad ulteriore sofferenza e autodistruzione. Penso proprio che tu meriti, molto più di questo! Un saluto.

(Risponde la Dott.ssa Sabrina Costantini)

Pubblicato in data 17/06/2010
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