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Articolo 15 - il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani commentato

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proseguiamo su Psiconline.it, con il commento all'art.15 (Collaborazioni con altri professionisti), il lavoro a cura di Catello Parmentola e di Elena Leardini che settimana dopo settimana ci introduce al Codice Deontologico degli Psicologi Italiani

Articolo 15 il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani commentatoArticolo 15

Nel caso di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto professionale, lo psicologo può condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione.

Questo articolo è molto importante perché affronta la circostanza professionale massimamente ricorrente con riferimento ai rischi di deroga alla riservatezza professionale.

I due punti fondamentali su cui poggia la norma in esame sono: uno, implicito, il consenso del paziente/interessato (cioè della persona alla quale l’informazione si riferisce) e l’altro, ben evidenziato, il prudente apprezzamento, da parte dello psicologo, della ‘stretta necessarietà’ della condivisione dell’informazione in riferimento al tipo di collaborazione.

Quanto al primo punto, si potrebbe obiettare invocando il principio ubi lex voluit dixit; tuttavia, occorre ricordare che le norme deontologiche si inseriscono all’interno di un sistema giuridico i cui principi non possono in alcun modo essere derogati, a maggior ragione quando di rango superiore. Essi, pertanto, devono comunque essere ritenuti comunque anche quando non espressamente richiamati.

Deve, quindi, ritenersi pacifico che il consenso del paziente/interessato è elemento necessario perché la deroga alla riservatezza professionale possa ritenersi legittima, salvo casi eccezionali, prudentemente identificati dallo psicologo, altrettanto valutati e testimoniabili.

Un caso particolare è rappresentato, nei Servizi pubblici, dalla Cartella clinica: come noto, un atto pubblico a valenza istituzionale, tanto da fare fede fino a querela di falso, dove sono riportati i dati generali e le trascrizioni di ogni professionista, ognuno nella propria sezione dedicata.

La Cartella clinica, in quanto documento comprovante (si ripete, fino a querela di falso) la storia clinica della presa in carico del paziente, è concepita come multi professionale proprio per consentire ad ogni specialista di avere riscontri dell’attività dell’altro e quindi un quadro generale degli andamenti clinici e delle terapie in atto.

È di tutta evidenza che ogni specialista dovrebbe riportare solo ciò che è utile (meglio ancora, indispensabile) al collega ai fini di mirare e coordinare meglio l’azione terapeutica di ognuno.

Sovente, tuttavia, si pongono diversi dilemmi in ordine a quante e quali informazioni possano/debbano essere documentate.

Riporti di un livello troppo specialistico, innanzitutto, sono inutili ad una competenza diversa che non saprebbe significarli in modo appropriato e potrebbe farne conseguentemente anche utilizzi inappropriati.

Inoltre, espongono inutilmente a deroghe sul versante della riservatezza.

Il dilemma si pone a maggior ragione quando le informazioni riguardano aspetti della storia molto personale del paziente e quei risvolti intimi che generalmente sostanziano solo la relazione psicologica - psicoterapeutica.

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Ulteriori considerazioni possono essere svolte a proposito dell’eventuale resoconto seduta per seduta dei riferiti personali del paziente che afferiscono ad un livello di registrazione ancora più delicato e riservato che dovrebbe restare, per questo nella esclusiva dotazione e tenuta professionale del singolo psicologo.

A nostro avviso, alla Cartella clinica generale multi professionale dovrebbe sempre accompagnarsi una cartella specialistica specificamente concepita per ogni diverso professionista: questo già consentirebbe una graduazione dei livelli di riservatezza e sensibilità dei riporti.

In questo modo, lo psicologo può condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie nella Cartella multidisciplinare e procedere ad una documentazione più puntuale e precisa nella cartella destinata ad essere condivisa da eventuali altri Colleghi portatori della medesima professionalità.

Per regolare le informazioni da condividere nella Cartella multidisciplinare di un Servizio pubblico, lo psicologo dovrebbe inoltre tenere presente che la tenuta di questa Cartella è nella responsabilità formale della Direzione centrale.

Se dovesse venire richiesta da un soggetto che ne abbia diritto, la Cartella dal Servizio periferico dovrebbe risalire attraverso il Distretto sanitario fino alla Direzione centrale.

E, per arrivare ad essere consegnata al paziente, dovere discendere attraverso uffici amministrativi e di Protocollo, passando per impiegati e messi.

Si ha un facile dire che tutti sarebbero vincolati al Segreto, che sia professionale o d’ufficio: di fatto, più soggetti sono coinvolti, più figure professionali diverse, e più è esposta la riservatezza.

Se lo psicologo avesse sempre presente questo eventuale ‘viaggio’ della Cartella, gli verrebbe naturale una misura molto cauta e riservata delle informazioni da condividere nel caso di collaborazione.

Abbiamo inteso la Cartella come esempio di collaborazione, ma gli standard evocati si ritiene siano da applicare nella sostanza ad ogni fattispecie collaborativa, indipendentemente dalla dimensione formale della Cartella e delle relative trascrizioni a riguardo.

Il fatto che si tratti di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto professionale, lascia comunque la condivisione nel perimetro delle informazioni strettamente necessarie, minime inevitabili, al tipo di collaborazione, per il semplice motivo che figure professionali diverse possono diversamente significare le informazioni trasmesse avendo codici e strumenti professionali diversi.

Inoltre, potrebbero diversamente intendere il segreto o riferirsi ad una comunità professionale che ne ha un diverso standard di tenuta.

L’esempio della Cartella ha fornito una cornice di riflessione e calibrato la cautela e la riservatezza richiamate da questo articolo.

Ovviamente l’espressione ‘stretto necessario’ è una complessità.

Finora l’abbiamo riflettuta con l’accento su ‘stretto’ ma le fattispecie di collaborazione sono così tante che bisogna mettere in conto anche tante circostanze in cui la superiore tutela del paziente pone l’accento su ‘necessario’.

Le fattispecie sono davvero troppe per potere essere qui affrontate una ad una.

Si collabora in ambiti privati, negli studi professionali, con figure diverse (gli psichiatri che compensano i pazienti…) o anche con altri colleghi psicologi.

In ambiti formativi, nelle supervisioni, nei tutoraggi, si lavora con altri soggetti, quasi sempre altri psicologi, sui casi clinici.

‘Riporti’ clinici possono sostanziare resoconti, tesi, collaborazioni pubblicistiche.

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Bisogna valutare i più appropriati standard di riservatezza con riferimento a se si tratta di collaborazioni previste (magari con codici professionali meno omogenei) o scelte (già con riferimento a standard omogenei di riferimento).

Quando si collabora tra psicologi ci si dovrebbe potere ‘incontrare’ su standard strutturali di cautela personali e professionali oltre che sugli stessi criteri deontologici assegnati.

Restano comunque, caso per caso, da un lato, il livello di riservatezza dei contenuti in gioco e, dall’altro, la riservatezza più o meno necessaria alla collaborazione in atto.

Una valutazione di volta in volta nella complessità non è eludibile.

E qualora la fattispecie non fosse chiaramente coperta da criteri definiti, nel dubbio è sempre preferibile l’acquisizione di un Parere esperto.

 

Settimana dopo settimana prosegue il nostro commento di tutti gli articoli del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani. L'appuntamento è per la prossima settimana con il commento all'Articolo 16. Non mancate.

In questa pagina trovate tutti i commenti finora pubblicati!

(a cura del Dottor Catello Parmentola e dell'Avvocato Elena Leardini)

 

 

 

 

 


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Tags: psicologia codice deontologico catello parmentola elena leardini Codice Deontologico degli Psicologi Italiani articolo 15

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