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La neurofisiologia freudiana - Ernst Bruecke e Sigmund Freud

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Una figura importante nella formazione umana e scientifica di Freud fu il fisiologo Ernst Bruecke, definito significativamente “la più grande autorità che abbia agito su di me”.

Ernst BrueckeFreud ricorderà del maestro Bruecke i terribili e penetranti occhi azzurri, l’etica professionale, la precisa epistemologia e la coerente metodologia.

Bruecke era nella città di Vienna e nell’ambiente accademico tedesco il rappresentante più eminente della cultura positivistica e del consequenziale metodo d’indagine applicato alla Medicina.

Contrario a qualsiasi forma romantica di mistica della “Natura”, egli sosteneva che nell’organismo umano agiscono forze fisio-chimiche riconducibili al metodo fisico-matematico: la materia vivente è depositaria e attrice di energie riducibili alla legge di “attrazione e repulsione”.

Nel 1874 Bruecke tiene all’Università di Vienna le pregevoli “Lezioni di fisiologia”, pubblicate nel 1876; il Positivismo si applica alla Medicina in forma organicistica attraverso la riduzione dei fenomeni fisiologici al moto.

Questa intuizione apparteneva filosoficamente sin dal diciassettesimo secolo all’empirismo meccanicistico di Hobbes.

Freud abbraccia le tesi del maestro, ma in breve tempo passa da una spiegazione organica dei fatti mentali a una spiegazione psicologica, mantenendo la concezione meccanicistica di base in riguardo alla Psiche.

Il fiorire di studi medico-biologici di stampo positivistico poggia le basi nell’opera rivoluzionaria di Darwin.

La teoria sulla “selezione naturale” collocava l’uomo nel regno animale, ne spiegava la comparsa, la sopravvivenza e l’evoluzione attraverso l’azione e il contrasto di forze biologiche.
La dimensione metafisica e religiosa era stata in gran parte alienata dalla Scienza.

Nel 1859 la cultura occidentale, bonaria e idealistica, subisce l’irruzione affascinante e devastante del libro laico e blasfemo, alternativo al testo sacro del “Genesi”,
l’“Origine della specie”: alla teoria della “fissità” si oppone il principio evolutivo basato sulla “selezione naturale”.

Nel 1860 la stessa cultura occidentale partorisce il primo trattato di Psicofisiologia, “Elementi di psicofisica”, scritto da Theodor Fechner, fisiologo e padre della Psicologia sperimentale.

Il tempo culturale di Cartesio e della sua “ghiandola pineale”, organo di mediazione nell’interazione Mente-Corpo, non è mai tramontato e ritorna con il suo meccanicismo deterministico, uno spirito razionale e matematico di cui il Positivismo è pregno.

La seconda metà del secolo diciannovesimo a livello scientifico presenta un indiscutibile fervore intuitivo e un’intraprendenza emancipatrice, condizioni feconde per uno sviluppo accelerato della civiltà.

Freud è pienamente inserito e partecipa attivamente allo sforzo scientifico di scoprire le tracce dell’evoluzione del “Vivente” sia nelle gonadi delle anguille e sia nell’istologia del sistema nervoso.

L’influenza specifica dell’evoluzionismo darwiniano sulle sue ricerche si fissa e si coglie nell’assunto in base al quale l’evoluzione dell’uomo nella sua “ontogenesi” è strettamente collegata alla “filogenesi”.

Questo principio si tradurrà nella tesi generale dell’evoluzione interna della Psiche e dei suoi contenuti, nella scoperta dei processi psichici dinamici e dialettici, nell’abbandono delle concezioni innatistiche e idealistiche, nell’ammissione di meccanismi di difesa che consentono e favoriscono la conservazione psicologica.

La Psiche umana, in quanto dato reale, rimanda a un’origine e a un’evoluzione caratterizzate dall’amore di se stessa, della propria energia vitale e delle implicite dinamiche evolutive.
A conferma di queste tesi Freud adduce la prova che riconosce nella struttura psichica degli uomini di primitiva civiltà la stessa struttura della prima infanzia dell’uomo civilizzato.
Il “buon selvaggio” corrisponde nel suo stadio di sviluppo psichico e mentale al “bambino” dell’uomo occidentale sia nella struttura e sia nelle funzioni.

Inoltre l’evoluzionismo darwiniano viene postulato nella seguente teoria freudiana: la crescita psichica normale dell’uomo avviene mediante il superamento progressivo della struttura originaria, per cui è reso possibile il processo difensivo della “regressione”, temporanea o stabile, dalla forma propria della psiche adulta nella forma propria dell’infanzia, “regressione” responsabile anche dei disordini mentali di varia consistenza.

A Darwin fa eco Fechner.

Il suo contributo scientifico si condensa nella legge che porta il suo nome e afferma che la sensazione cresce secondo il logaritmo dell’eccitazione o dello stimolo.
Fechner merita un approfondimento non solo per il suo influsso sulla Psicoanalisi, ma anche per la sua collocazione scientifica “di mezzo”, protesa dal passato verso il futuro, e per il suo spirito innovatore nel settore medico.

Con gli “Elementi di psicofisica” egli poneva fine allo sforzo filosofico della Psicologia speculativa e del suo strumento di ricerca prediletto, l’introspezione, un metodo che tanto scetticismo aveva sempre scatenato a causa del connaturato soggettivismo: il soggetto si poneva nello stesso tempo come osservatore e osservato, soggetto e oggetto, senza alcuna possibilità di oggettivazione e di uscita dal carcere dell’Io e dei suoi prodotti.

Chiudendo un’epocale maniera di intendere la Psiche e i suoi processi, Fechner applica allo studio dei fenomeni psichici il metodo positivistico delle scienze naturali.

La Psicologia come scienza nasce dallo scontro e dalla vittoria della Metodologia positivistica sulla Filosofia idealistica tutta intrisa di consistenti e camuffate venature spiritualistiche.
L’esigenza di un Sapere psicologico unitario, rigoroso e totale, nel senso che include la Psiche e il Soma, viene maturata e desunta da Fechner dallo studio e dal modello della Fisica speculativa.

Il riferimento al sistema filosofico di Schelling appare improprio, ma sono degne di considerazione la rivalutazione e la collocazione della “Filosofia della Natura” operate dal filosofo idealista nel nascere e breve fiorire del suo pensiero.

Tale assunzione di base indica la possibile costituzione di una scienza psicologica modellata positivisticamente su indirizzi applicativi di tipo sperimentale e l’apertura di un campo di ricerche originali a conferma di quanto passato e futuro abbiano influito nel presente di Fechner.

Darwinianamente egli segue la curva evolutiva del “Vivente” dalle forme basse e semplici a quelle alte e complesse; in tale indagine esprime l’esigenza di ricondurre e ridurre newtonianamente i fenomeni psicofisiologici a un’unica legge che li comprenda nel senso quantitativo e logico.

Queste speculazioni si concludono con l’affermazione di un principio centrale e generale della vita psichica: il “Principio del piacere”, di poi assunto e sistemicamente inquadrato nelle teorie psicoanalitiche da Freud.

E’ opportuno rilevare che a livello etico questo principio era stato pienamente individuato dalla filosofia empiristica inglese sin dal diciassettesimo secolo - Hobbes, Locke, Hume - e successivamente riproposto dalla morale aritmetica di Bentham e positivistica di Stuart Mill.

Il fondamento della Psicologia sperimentale si attesta nel collegare e sintetizzare le attività psicofisiologiche in una formula matematica garante degli attributi della necessità e dell’universalità, qualità da sempre richieste al procedimento scientifico.

Il progetto positivistico della misurazione di determinati processi psico-percettivi è conseguente alle basilari convinzioni di Fechner; lo studio del rapporto tra intensità di stimolo e percezione sfocia nella ratifica del “principio omeostatico”, la tendenza psicofisiologica alla stabilità energetica.

L’equilibrio psicologico si attesta in un’armonia tra le attività della “Mente” e del “Corpo”, per cui la dialettica “piacere-dolore”, la conseguente ricerca e il tenace mantenimento del filogenetico vitalistico “piacere” in un gradevole quadro percettivo sono elementi delle scoperte di Fechner che in modo specifico influenzeranno le teorie di Freud.

L’attività della Psiche consiste nel produrre e distribuire energia e nel mantenere basso il potenziale delle cariche energetiche per consentire all’uomo di vivere e continuare a vivere secondo un fine filogenetico e secondo un meccanismo psicofisiologico di difesa consistente nell’impedire il superamento della soglia di tolleranza delle tensioni e nel favorire lo scarico delle stesse per abbassarne l’intensità.

Le teorie psicofisiche di Fechner sono basilarmente presenti nelle “topiche” freudiane e nel sistema dinamico-economico dei processi psichici, materia sperimentata clinicamente ed elaborata nella costruzione della Psicoanalisi.

Freud assume la concezione dell’apparato psichico come sistema di distribuzione di energia tendente all’equilibrio secondo il livello di potenziale minimo possibile alle condizioni date.
Egli concepisce l’ambizioso progetto di una “Psicologia scientifica neurologica” consistente nell’indagine della forma che assume la teoria del funzionamento mentale con l’introduzione del criterio quantitativo determinante un’economia di forze nervose.

Inoltre persiste e si conferma sempre più in lui la convinzione che dalla Psicopatologia e dalla collegata Psicoterapia si può dedurre la teoria della normalità psicologica e quindi la Psicologia.

Freud sin dagli anni della sua formazione aveva coltivato la possibilità di introdurre un criterio quantitativo nella Psicologia e di ricavare dalla Psicopatologia le forme generali della Psicologia.

A tal proposito egli scrive nell’ottobre del 1895 il testo “Psicologia per neurologi”, ma rimane profondamente insoddisfatto e perplesso sull’efficacia e sulle conclusioni di questo tentativo di ridurre la Psicologia a uno studio positivistico schiettamente neurologico.

Questo progetto non lo porterà mai a termine e anzi non ne farà menzione, tenterà di rimuoverlo, ma è vero che buona parte delle teorie psicoanalitiche sulla “rimozione”, la “pulsione”, la “difesa”, l’“economia” delle contrastanti forze psichiche e il “desiderio” sono embrionalmente contenute nella formazione neurologica di Freud e attendono la giusta espressione e direzione verso cui veicolarsi.

Il progetto è il seguente: proporre una Psicologia naturale scientifica, rappresentare i processi psichici come condizioni quantitativamente determinabili di particelle materiali specifiche in modo da poter tradurre quei processi in una forma grafica e coerente per mostrare come funziona la macchina mentale e come riceve, domina e scarica gli stimoli.
Il meccanismo e il vocabolario tecnico fanno parte della preparazione medica di Freud.

Il tentativo di fondare la Psicologia come scienza naturale sulla solida base della Neurologia si addice alle aspirazioni dei positivisti con i quali egli ha studiato e di cui egli sta ora cercando di realizzare le speranze e le fantasie.

Freud non abbandonerà mai la speranza di costruire una Psicologia scientifica.

Nel suo “Compendio di psicoanalisi”, la “summa” definitiva che scriverà a Londra nell’ultimo anno di vita e lascerà incompiuta, egli rivendica apertamente alla Psicoanalisi un posto tra le scienze naturali per il rilievo che essa ha dato alla dimensione inconscia e congettura che in futuro gli psicoanalisti possano esercitare mediante particolari sostanze chimiche un influsso diretto sulle quantità di energie e la loro distribuzione nell’apparato mentale.

Questa riformulazione del 1938 ricalca il programma del 1895.

Il progetto di Freud è stato definito newtoniano per la sottomissione delle leggi della mente alle leggi del moto.

Alcuni dei principi animatori della macchina mentale gli appaiono abbastanza chiari: la mente è dominata dal principio di costanza, che le impone di scaricare gli stimoli perturbanti sia dall’interno e sia dall’esterno.

Si tratta del “principio dell’inerzia neuronale” e nella formulazione tecnica dello stesso Freud i neuroni tendono a liberarsi della quantità; la giustificazione si attesta nel fatto che lo stato di quiescenza, di calma dopo la tempesta, genera “piacere” e la “Mente” ricerca il “piacere” ed evita la sofferenza.

Tuttavia la fuga dallo stimolo non spiega da sola l’intera attività mentale: il “principio d’inerzia” viene sconvolto a ogni momento.

I ricordi si accumulano nella “Mente” a mano a mano che questa immagazzina gli stimoli.

La “Mente” va in cerca di soddisfazione e fa in modo di procacciarsele agendo sul mondo reale attraverso la percezione e il ragionamento, modificando quest’ultimo in modo da piegarlo ai suoi continui desideri.

Una Psicologia che miri a spiegare l’intera vita mentale deve, quindi, spiegare la memoria, la percezione, il pensiero, la progettazione non meno della soddisfazione causata dal rilassamento che segue alla scarica degli stimoli.

Uno dei modi in cui Freud pensa di rendere giustizia a questa diversità del funzionamento mentale è di postulare tre tipi di neuroni: quelli adatti a ricevere gli stimoli, quelli che li trasmettono e quelli che portano i contenuti della coscienza.

Queste sono soltanto valide congetture nello schema di Freud, in particolare per quanto riguarda la natura e le attività della coscienza, ma ci sono molti fattori che lo vedono sconfitto.

In ogni caso le idee di Freud cominciano a muoversi in una direzione diversa.

Egli è sulla soglia non di una “Psicologia per neurologi”, bensì di una “Psicologia per psicologi”.

I substrati biologici e fisiologici della “Mente” non perderanno mai importanza ai suoi occhi, ma per molti decenni sbiadiranno sullo sfondo mentre esplora le sfere dell’Inconscio e le sue manifestazioni nei pensieri e negli atti.

Recuperando le lezioni e l’insegnamento psicologico di Brentano, appropriandosi del rigore del procedimento deduttivo e dell’osservazione di Bruecke, Freud si converte alla Psicologia psicologica adattando alla Psicoanalisi il principio della “intenzionalità della coscienza”, una direzionalità implicita nelle attività mentali; inoltre Freud comincia a distinguere il percepito come contenuto della percezione, il pensato dal pensiero, il sentito dal sentire.

Aristotelicamente basandosi sul principio metafisico di “materia e forma” si convince della differenza tra stimolo e istinto, tra “Cervello” e “Mente”, tra energia neurologica ed energia psichica.

Con la “Interpretazione dei sogni” inizia l’evoluzione della Psicoanalisi come modello psicologico della “Mente” e l’involuzione metapsicologica della Neurologia; la prima si sublima nella metafora di quest’ultima e il “Cervello” continua a funzionare nel mistero.

 

Articolo a cura del dottor Salvatore Vallone

 

 


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Tags: Freud sigmund freud neurofisiologia

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