Identità psicologica: l'unicità dell'individuo
Per permettere una crescita equilibrata ed in continuo arricchimento, è necessario che l’infanzia sia costellata di esperienze d'identità grazie alle quali il bimbo senta di appartenere ad un determinato gruppo ed in esso senta di potersi rispecchiare
L’identità rappresenta l’insieme delle nostre caratteristiche fisiche, psicologiche, culturali, emotive ed esperienziali, l’insieme di tutto ciò che ci rende unici, irripetibili e diversi l’uno dall’altro.
Comprende il modo di ragionare, comunicare, relazionarsi; l’insieme di interessi, competenze, abilità, talenti e apprendimenti. Ed è inoltre il frutto delle relazioni familiari ed extrafamiliari vissute fin dalla nascita, delle esperienze fatte e che hanno lasciato un segno dentro di noi, tanto positivo quanto negativo.
L’identità dunque è dinamica, si modifica con l’esperienza e si arricchisce con le interazioni; è ciò che rende ogni individuo unico e riconoscibile nella sua specificità, per il suo bagaglio esperienziale, comunicativo, relazionale ed emotivo.
Durante il percorso di sviluppo e di crescita personale ogni individuo apporta modifiche ed aggiustamenti alla propria identità ed all’espressione della stessa in maniera tale da sentirsi in sintonia con la propria interiorità e riconoscersi come individuo unico e realizzato.
Il dubbio costante con cui si guarda alla propria identità cercando di comprendere “chi si è veramente” rappresenta una risorsa nel momento in cui diventa una ricerca costante di nuove parti ed espressioni di sé, piuttosto che una condizione di stallo ed instabilità nella quale crogiolarsi.
L’identità personale è costituita da una base certa nella quale riconoscersi, fatta di luoghi, relazioni familiari, scolastiche e lavorative, tutto ciò che definisce la propria origine ed appartenenza. A questa base si aggiunge una parte dinamica che si completa, arricchisce e perfeziona nel corso della propria evoluzione personale, come effetto di vissuti più o meno sereni e più o meno traumatici.
Ciò significa che dopo eventi emotivi forti (separazioni, lutti, avvicinamenti ed allontanamenti) è giusto chiedersi “chi si è”, come quella determinata esperienza possa influire sulla propria identità e sull’espressione di sé. Sano e fisiologico è fermarsi a riflettere sul modo in cui le esperienze ci arricchiscono e danno forma all’immagine che abbiamo di noi stessi, perché la vita è un percorso di crescita continua, di apprendimenti continui e di continue rinascite.
Per far sì però che l’immagine di base che si ha di se stessi sia solida abbastanza da permettere una crescita equilibrata ed in continuo arricchimento, è necessario che l’infanzia sia costellata di esperienze grazie alle quali il bimbo senta di appartenere ad un determinato gruppo ed in esso senta di potersi rispecchiare, in un contesto nel quale ciascuno si riflette nell’altro e nello stesso tempo è specchio per qualcun altro, in una rete di riconoscimento reciproco.
Un riconoscimento che porta con sé un senso di approvazione grazie al quale è possibile costruire un’immagine di sé degna di rispetto, ed un senso di autostima solido e forte, in virtù dei quali operare scelte ed attuare comportamenti che saranno una conferma della propria identità.
La base sicura da cui partire per conoscere se stesso, e “riconoscersi”, come membro di un determinato sistema dà forma e sostanza alla propria autostima, e da questa si innesca la costruzione dell’identità, rendendo ancora una volta rilevanti le prime esperienze relazionali della vita.
(Dott.ssa Amati Maria, Psicologa e Psicoterapeuta familiare, autrice del libro “Nella pelle del bambino”)
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