La Psicologia dell'Audiovisivo. Intervista al Dott. Paolillo
Il nuovo Sapere in una società digitale: la modalità audiovisiva
Stefano Paolillo è nato a Napoli nel 1962; diventa operatore di ripresa per la Rai nel 1991 e, per oltre dieci anni, è membro della giuria del premio giornalistico televisivo “Ilaria Alpi”, nonché Presidente dell’Associazione Italiana Telecineoperatori.
In qualità di psicologo incentra la sua professione nell’ambito degli audiovisivi, effettuando interventi e progetti nelle scuole elementari e medie. Comincia anche un percorso universitario che lo vede docente presso l’Università per Stranieri di Perugia nel corso di laurea “Comunicazione pubblicitaria e design strategico”.
Negli ultimi cento anni la trasmissione delle conoscenze tra gli esseri umani si è progressivamente spostata dalla narrazione orale a quella audiovisiva.
La tecnologia ha permesso sempre più efficacemente di unire ai significati portati dal linguaggio verbale, tutte quelle componenti visive che nella normale vita di ognuno corredano e completano la comunicazione.
La psicologia, che è scienza e disciplina del vivere degli uomini, arriva nel ponderoso campo dell’audiovisivo, proponendo tutte le analisi dei fenomeni che si generano in questo spazio d’azione. E' sotto questo ambito di interesse che si colloca il libro del Dottor Stefano Paolillo, "Psicologia dell' Audiovisivo", permettendo di osservare i processi legati all’audiovisivo sotto una nuova luce.
A tal proposito Psiconline intervista il Dott. Paolillo al fine di fornire delucidazioni sui principali interrogativi e curiosità riguardanti questo nuovo ambito applicativo della Psicologia.
Ringraziamo il Dottore che, con grande disponibilità, si è prestato a rispondere alle nostre domande illustrando in modo chiaro e diffuso il campo in cui opera.
Dottore, il suo è un campo applicativo molto attuale nell’ambito della Psicologia. Vuole illustrarci brevemente di cosa si occupa nello specifico la Psicologia dell’audiovisivo?
La Psicologia dell'Audiovisivo è una delle possibili applicazioni dell'approccio psicologico ai problemi. Nasce dalla considerazione che il Sapere nella nostra società digitale dei "device" personali sta progressivamente spostandosi verso la modalità audiovisiva, spesso sostituendo la modalità faccia-a-faccia in molti segmenti.
La Psicologia dell'Audiovisivo, dunque, affronta i video in fase di analisi di forme e contenuti, come anche di effetti desiderati e collaterali. E' possibile anche pianificare e realizzare video con varie funzioni, da quella informativa a quella formativa, da quella propagandistica a quella pubblicitaria, da quella intrattenitiva a quella artistica.
Infine, la Psicologia dell'Audiovisivo può essere d'ausilio a tutti quei professionisti (anche psicologi e psicoterapeuti) che desiderano farne un veicolo di autopromozione.
I videogiochi rappresentano sicuramente un mezzo di consumo audiovisivo attualmente molto diffuso, soprattutto tra i più giovani.
In che misura ritiene che questi possano essere educativi e/o costituire una risorsa per chi ne fa uso?
I videogiochi sono diventati - che piaccia o meno - una modalità importante con cui le giovani generazioni stanno "allenandosi" a ragionare, esplorare e sperimentare il Sé. Il dualismo tra apocalittici e integrati rispetto ad essi non ha aiutato la comprensione del fenomeno che solo ora, dopo un trentennio, scopre che i videogiochi sono un fenomeno culturale. Con questi, ormai, si può fare formazione, istruzione, gestione delle situazioni di difficoltà.
Ma si è saliti anche di livello, comprendendo che la logica che sostiene l'impalcatura videoludica può essere usata come modalità alternativa nella soluzione di problemi della socialità: la gamification ne è un esempio.
Quando si parla di “Dipendenza da videogiochi” ? Vi sono dei fattori di rischio che possono determinarla ? Esiste una terapia per coloro che soffrono di videodipendenza ? Quali mezzi vengono usati?
Come tutte le dipendenze, la dipendenza da videogiochi è il sintomo di altre situazioni di malessere.
Si affronta come le altre dipendenze, lungo percorsi che si fondano sulla presa di coscienza e che non possono prescindere dagli "ambienti" vissuti dal dipendente che hanno generato il comportamento di fuga che essa è.
Lo scorso 30 Novembre ha partecipato in qualità di relatore alla Conferenza “Psicologia e Videogiochi, Analisi di un Fenomeno” tenutasi presso La “Casa della Psicologia”, struttura milanese realizzata per volontà dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia al fine di aprire punti di contatto innovativi tra i cittadini e il servizio offerto dai professionisti della psicologia e della psicoanalisi.
Cosa è emerso dalla conferenza? Il suo intervento riguardava un particolare aspetto del consumo audiovisivo?
La Conferenza è stata molto articolata e - molto in sintesi - ne è emerso che i videogiochi sono una realtà della nostra società.
Come tutti i fenomeni umani, gli eccessi sono sempre dannosi ma, se praticati con intelligenza, sono anche un'opportunità.
Basti pensare che ormai i videogiochi hanno budget ormai pari ai colossal cinematografici e producono lavoro per centinaia di migliaia di addetti.
Sono usati dalla quasi totalità degli under 30, sia pure con modalità diverse da segmento a segmento.Non solo, sono diventati anche un'utile interfaccia in alcuni casi clinici che arrivano alle strutture di psicologia sparse sul territorio.
Il mio intervento è stato una sottolineatura del fatto che i videogiochi sono un manufatto culturale ed entrano a pieno titolo nella nostra vita.
Similmente alla televisioni negli anni Sessanta del secolo scorso, i videogiochi sono un fenomeno culturale di massa e non sono né buoni, né cattiv: vanno solo gestiti. La psicologia può essere fondamentale per modulare la loro influenza sulla nostra società e mitigare gli effetti collaterali più deleteri.
(A cura delle Dott.sse Benedetta Marrone e Sara D'Annibale)
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