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Isteria

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on . Postato in Le parole della Psicologia | Letto 14597 volte

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isteriaL'isteria è una sindrome psiconevrotica, caratterizzata da manifestazioni somatiche e psichiche, che insorgono generalmente sulla base di una personalità isterica, i cui tratti più tipici sono:
• Labilità ed immaturità affettiva;
• Intensa partecipazione affettiva;
• Suggestionabilità;
• Dipendenza,
• Teatralità ed esibizionismo;
• Tendenza alla drammatizzazione ed all'esagerazione.

Deve il suo nome alla parola greca hystera, “utero”, in quanto nell’antichità si credeva che la disfunzione di tale organo giocasse un ruolo particolare nello sviluppo di quest’affezione. Ippocrate, infatti, considerava l’isteria tipica della donna e Platone tentava di spiegare il fenomeno in relazione allo spostamento dell’utero nel suo corpo.
Charcot, per primo, trattò l’isteria in termini sistematici e scientifici, dimostrando che alla base del disturbo erano presenti problemi emotivi e che, grazie alla suggestione ipnotica, era possibile eliminarli.

Successivamente, negli “Studi sull’isteria”, Freud e Breuer spiegarono il disturbo come il risultato di un’esperienza traumatica, di solito di natura sessuale, che veniva rimossa: i sintomi consisterebbero, quindi, in un tentativo di scaricare la tensione emotiva, creata dal conflitto intrapsichico, in termini simbolici, evitando così che si arrivi ad una percezione cosciente del problema di base.

Riprendendo gli insegnamenti di Freud, Lacan dà grande risalto alla posizione isterica, inserendola nel quadro strutturale delle nevrosi. Secondo questo autore, l’isterica si confronta con il desiderio di essere desiderata dall’Altro e, in difficoltà con il significante dell’essere donna, ella può accedere al desiderio solo attraverso l’identificazione immaginaria ad un’altra donna.

La caratteristica principale dell’isteria è la presenza di sintomi di varia natura, che non hanno, però, un riscontro organico. È bene precisare, comunque, che essa non va assolutamente confusa con la simulazione di malattia, in cui una persona, pur sapendo di non essere ammalata, riferisce la presenza di sintomi, in quanto il paziente isterico ha sintomi spesso obiettivabili e che gli causano disagi reali (alcuni autori parlano, infatti, di “simulazione inconscia”).

Dall’osservazione di tali condizioni, gli autori concordano nell’individuare due forme di questa patologia:

  1. I. di conversione: il sintomo principale consiste in un disturbo psicogeno della funzione di qualche parte dell’organismo, per esempio paralisi, tremore, cecità, sordità, attacchi convulsivi, debolezza, contratture, etc. Il meccanismo di conversione alla base del problema è caratterizzato dalla mancanza di controllo su atti ed emozioni e dall’esagerazione dell’effetto delle stimolazioni sensoriali. I sintomi motori spesso sono accompagnati da alterazioni della sensibilità tattile, termica, dolorifica e cenestesica. Il fenomeno considerato emblematico dell’isterismo è rappresentato dalla grande crisi isterica, oggi piuttosto raro, caratterizzato da un accesso convulsivo simil-epilettico: la durata può essere superiore ai 10 minuti, di solito in presenza di persone che fungono da spettatori, la caduta a terra è plateale, ma non vi è mai il rischio di procurarsi lesioni gravi.
  2. I. dissociativa: si esprime con una sintomatologia psichica più elaborata. Si possono osservare mutamenti spettacolari, ma essenzialmente superficiali, della personalità. La condotta, in generale, può simulare la psicosi o, piuttosto, l’idea che il soggetto ha della psicosi. Dai processi dissociativi, inoltre, possono derivare alcune alterazioni del campo di coscienza: si possono verificare, infatti, stati crepuscolari con episodi di sonnambulismo, fughe isteriche, personalità multiple, stati stuporosi deliranti ed allucinatori. Particolarmente rilevanti sono i disturbi della funzione mnesica, definiti amnesie psicogene, rappresentati da forme generalizzate, lacunari, oscillanti.

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L’isteria colpisce prevalentemente le donne ed insorge più frequentemente nell’età adolescenziale, anche se ci sono casi di esordio più tardivo. L’esperienza clinica suggerisce, inoltre, che essa sia una malattia ad andamento cronico: a volte i pazienti sostituiscono un sintomo con altri, in particolare in concomitanza di momenti di tensione emotiva e stress, come risultato di una propensione alla dissociazione. La sua evoluzione ed il parziale mutamento delle sue manifestazioni sono influenzati anche dal cambiamento dei costumi sociali e culturali collettivi, mentre sembrerebbero costanti gli elementi di suggestionabilità, manipolazione e mimetizzazione e l’adozione di atteggiamenti teatrali, fino ad una sorta d’inautenticità, utilizzata come difesa verso il timore di entrare in relazione significativa con il mondo delle emozioni, sia intrapsichico sia interpersonale.

Il trattamento di questo disturbo prevede:

  • Terapia farmacologica: si usano ansiolitici o antidepressivi, che attenuano, ma non eliminano, la sintomatologia. Va affiancata alla psicoterapia.
  • Psicoterapia: il trattamento psicoanalitico non è sempre indicato in questo tipo di pazienti, poiché sono privi di insight. In alcuni casi, si rende necessario l’utilizzo di terapie familiari, modificazioni ambientali, tecniche suggestive, quali l’ipnosi e la narcoanalisi, oppure il ricorso a psicoterapie brevi.

 

Bibliografia:

  • Enciclopedia Treccani.
  • Maldonato M., Dizionario di Scienze Psicologiche, Edizioni Simone.
  • WHO, Lessico dei termini psichiatrici e di salute mentale, Centro Scientifico Editore.

 

 

(A cura della dottoressa Alice Fusella)

 

 


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