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Volontà

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volontàIn psicologia, il concetto di volontà viene concepito, a seconda della scuola di riferimento, come:
• Una funzione autonoma, non riconducibile ad altri processi psichici;
• Una forma particolarmente differenziata dei processi istintivo-affettivi, cui partecipano anche le funzioni intellettive.

Il comportamento volontario, quindi, può essere il risultato del libero arbitrio, oppure, secondo altri modelli, può essere connesso al concetto di “motivazione”, ovvero è intenzionale, cioè è finalizzato all’azione volta a raggiungere determinati scopi.

L’analisi del processo volitivo consente di distinguere:
a) Una fase di scelta, influenzata dalle spinte istintivo-affettive e dalle rappresentazioni ideative;
b) Una fase di decisione;
c) Una fase di esecuzione.

Gli atti di volontà possono essere rivolti:
• All’interno, per esempio, per controllare pulsioni reattive;
• All’esterno, per mobilitare le azioni, volte al raggiungimento degli obiettivi. In questo caso, la volontà è influenzata dalle pulsioni e può persino automatizzarsi, attraverso l’abitudine a ripetere determinate strategie.

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Il termine è stato utilizzato per designare concetti abbastanza differenti, ma è, ormai, caduto in disuso, dal punto di vista scientifico, proprio per la difficoltà di darne una definizione univoca. Bisogna notare, comunque, che in ogni definizione di volontà è presente l'aspetto di controllo cosciente del comportamento e, spesso, quello di sforzo e di aspirazione. La cosiddetta forza di volontà è un'energia che compare naturalmente, quanto più la coscienza si svincola dalle influenze sociali e culturali. Questa forza, qualunque sia la sua modalità di espressione, ha una caratteristica: l'unicità, cioè appartiene solo all’individuo e ne determina il modo unico di comportarsi e rapportarsi con l’ambiente di appartenenza.

Le alterazioni della volontà sono ampiamente reperibili in molti disturbi psichici, sia come caratteristica temperamentale abnorme, sia come reazione patologica del comportamento, per cui si osservano: la caduta della volontà nei disturbi depressivi, specialmente in quelli endogeni (arresto melanconico), e nei disturbi schizofrenici, in cui la dissociazione ideo-affettiva coinvolge in pieno l’atto volontario (paralisi completa della volontà nella catatonia, ma anche tendenze oppositive illogiche, ecc.); l’incapacità di decidere negli ossessivi (compulsivi, coatti, psicastenici), o il loro essere schiavi della coazione a ripetere; improvvisi atti, anche caparbi e spesso inadeguati, nelle sindromi maniacali, ma anche in certe forme di epilessia temporale ed in varie forme di ritardo mentale.

 

Bibliografia:

• Enciclopedia del Sapere, Fabbri Editori.
• Enciclopedia Treccani.
• Maldonato M., Dizionario di Scienze Psicologiche, Edizioni Simone.

 

(A cura della dottoressa Alice Fusella)

 

 


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