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Elementi di Diritto per lo psicologo clinico

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In questo articolo forniremo dettagliatamente alcuni elementi basilari di diritto per lo psicologo clinico che si trovi chiamato ad operare direttamente nel contesto forense in qualità di CTU o di Ctp

Elementi di Diritto per lo psicologo clinicoIl professionista della salute mentale o delle scienze del comportamento, chiamato a operare nel contesto forense deve necessariamente conoscere la procedura penale e civile per poter intervenire nelle dinamiche processuali mediante un concreto e valido ausilio.

Il sistema giudiziario italiano

In Italia attualmente è vigente un sistema misto tendenzialmente accusatorio, con prevalenza di caratteri inquisitori nella fase pre-dibattimentale e accusatori nella fase dibattimentale.

Alla fase istruttoria (pre-processuale) tendenzialmente inquisitoria, in cui l’accusa promuove l’azione penale e che comporta, di fatto, una prevalenza della stessa sulla difesa, segue, qualora siano emersi elementi a carico dell’indagato, il rinvio a giudizio dello stesso, che si presume innocente fino alla condanna (fase dibattimentale). Tale fase prevede parità di facoltà e diritti tra le posizioni dell’accusa e della difesa dinanzi al giudice che ha un ruolo di super partes.

I due sistemi processuali, il modello accusatorio caratterizzato dalla terzietà del giudice rispetto alle posizioni contrapposte delle parti e il modello inquisitorio, caratterizzato dalla preminenza dell’accusa rispetto alla difesa, rappresentano due astrazioni teoriche e cioè due estremi ideali tra i quali si collocano i sistemi realmente adottati dai vari ordinamenti.

Caratteristiche del sistema accusatorio e inquisitorio

Caratteri del modello accusatorio

  • parità tra accusa e difesa nella fase dibattimentale
  • terzietà del giudice
  • oralità del metodo di assunzione delle prove ed eccezione dell’incidente probatorio in cui possono valere le prove scritte e precostituite nella fase istruttoria
  • presunzione di innocenza dell’imputato
  • utilizzo della custodia cautelare solo come misura eccezionale

Caratteri del modello inquisitorio

  • preminenza dell’accusa sulla difesa nella fase investigativa
  • Giudice/PM inquisitore
  • fase istruttoria segreta e scritta
  • precostituzione delle prove e utilizzo delle stesse in dibattimento
  • presunzione di colpevolezza
  • carcerazione preventiva ammessa

Gli organi giudicanti all’interno del contesto penale e civile nel nostro paese sono:

per quanto concerne il I grado di giudizio:

  • Giudice di pace: giudice monocratico onorario cioè non di carriera, scelto tra i cultori della materia. Svolge le proprie funzioni in cause di minor valore sia nell’ambito penale, occupandosi di reati contro la persona, contro l’onore e contro il patrimonio, sia in ambito civile occupandosi di cause inerenti a risarcimento danni, urbanistica, edilizia;
  • Tribunale ordinario: organo giudiziario sempre con competenza civile e penale ma più ampia. È un organo prevalentemente monocratico anche se per le cause di maggiore rilevanza, il Tribunale giudica attraverso un collegio formato da tre giudici: il presidente e due giudici a latere;
  • Tribunale per i minorenni: organo composto 4 giudici, di cui due togati, e due onorari, necessariamente un uomo e una donna, esperti in psichiatria, psicologia, pedagogia e altre scienze sociali che durano in carica 3 anni e possono essere confermati. Ha competenza in determinati settori civili dove entrano in gioco i diritti personali dei minori, in materia penale, quando i reati sono commessi da minori e amministrativa negli interventi educativi a favore di minori in difficoltà;
  • Corte d’Assise: organo collegiale con competenza esclusivamente penale a partecipazione popolare, composto da 8 giudici, di cui 2 togati (il presidente e il giudice a latere) e 6 laici, estratti periodicamente dalle liste di cittadini aventi determinati requisiti: età compresa tra i 30 e 65 anni, godere dei diritti politici, diploma di scuola media (per i giudici popolari in Corte d’Assise d’Appello è previsto il diploma di scuola superiore), non essere pubblici ministeri o appartenenti alle forze dell’ordine. Sia i giudici togati che quelli popolari, partecipando alla formazione della sentenza con parità di voto. L'art. 527 del c.p.p. disciplina che siano i giudici popolari a votare per primi, partendo dal meno anziano per età per evitare possibili influenze dal voto degli altri. La Corte d’Assise giudica sui reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a 24 anni;
  • Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario: ufficio giudiziario in cui lavorano i procuratori della Repubblica che svolgono le indagini penali necessarie ad accertare se un determinato fatto costituisca o meno reato e chi ne sia il responsabile;
  • Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni: ufficio giudiziario istituito presso ogni Tribunale per i Minorenni con competenza penale (per i reati commessi dai minorenni), civile (attraverso la protezione del minore mediante limitazioni all'esercizio della potestà genitoriale, disponendo l'affidamento del minore o dichiarando l'adozione) e amministrativa (adottare misure a carattere rieducativo nei confronti di minori che manifestano irregolarità di condotta mediante affidamento al servizio sociale minorile, collocamento in una casa di rieducazione o in un istituto medico-psico-pedagogico).                  

Per i giudizi relativi al II grado di giudizio:

  • Corte d’appello: giudica in secondo grado le sentenze, in materia civile e penale pronunciate dal giudice di primo grado, previa impugnazione;
  • Corte d’Assise d’appello: competente in secondo grado per le sentenze emanate dalla Corte d’Assise;
  • Tribunale di sorveglianza: organo collegiale composto da magistrati ordinari ed esperti in scienze criminologiche. Interviene esclusivamente in ambito penale occupandosi della sorveglianza della pena e disponendo in materia di misure alternative o misure di sicurezza;
  • Procura generale della Repubblica presso la Corte d’appello.

Relativamente al III grado di giudizio:

  • Corte di cassazione: organo collegiale che sta al vertice della giurisdizione ordinaria in quanto giudica sull’impugnativa delle decisioni emanate dai vari organi d’appello. La Corte di cassazione è suddivisa in diverse sezioni, civili e penali composte ciascuna da 5 magistrati. Nelle cause di maggior importanza e quando si tratta di dirimere e risolvere contrasti tra le singole sezioni che la compongono, la Corte di cassazione giudica a sezioni riunite o unite. Tutte le sentenze sono impugnabili di fronte ad essa, quando la parte sostenga che vi è stata violazione della legge. La cassazione giudica solo sulla legittimità e non sul merito di una causa;
  • Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione.

Dalla notizia di reato all’eventuale condanna

Mediante la denuncia un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio (art. 331 c.p.p.) o un soggetto privato (art. 333 c.p.p.) portano a conoscenza del P.M. o della Polizia Giudiziaria l’avvenuta commissione di un reato perseguibile d’ufficio.

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Nel contesto penale, l'art. 347 c.p.p., disciplina l'obbligo di riferire la notizia del reato, da parte degli ufficiali e agli agenti di Polizia Giudiziaria senza ritardo e per iscritto al p.m. e, in ogni caso, quando sussistono ragioni di urgenza, darne comunicazione immediatamente anche in forma orale.

Per quanto concerne i reati perseguibili a querela di parte, la possibilità di processare ed eventualmente di condannare l’imputato, dipende dalla volontà della persona offesa che, salvo le diverse specifiche ipotesi di legge, ha tre mesi di tempo dal momento in cui viene a conoscenza del fatto che costituisce reato per presentare querela ed esprimere la volontà che si proceda penalmente nei confronti della persona querelata (art. 124 c.p.). A differenza dei reati perseguibili d’ufficio, il querelante può manifestare l’intento di avvalersi del potere di remissione fino a che non sia intervenuta una sentenza definitiva di condanna.

Successivamente il Pubblico Ministero, acquisita personalmente o comunicatagli da altri,  deve iscrivere immediatamente ogni notizia di reato, comprese le condizioni di procedibilità, nel registro delle notizie di reato (art. 335 c.p.p.) dando inizio ai termini ordinari per lo svolgimento delle indagini e delle attività necessarie, anche quelle a favore del soggetto accusato (art. 358 c. p. p.), per accertare la verità.

Durante la fase delle indagini preliminari, il controllo sull’attività del Pubblico Ministero e di garanzia dei diritti delle parti è svolto dal G.I.P. (Giudice Indagini Preliminari), organo monocratico.

Al riguardo giova precisare che non si tratta di giudice delle indagini preliminari, ma giudice per le indagini, proprio per sottolineare che lo stesso non conduce le indagini. In particolare, il G.I.P. fissa l’udienza preliminare, autorizza la proroga delle indagini, convalida l’arresto in flagranza e il fermo operato dal PM e dalla Polizia Giudiziaria. Svolge, inoltre, funzione di giudizio quando innanzi a lui si svolge il rito speciale del patteggiamento[1] con conseguente  risparmio di attività processuali variabile a seconda del momento in cui si verifica l’accordo sulla reità e sulla pena da applicare (art. 444 c.p.p.) oppure del rito abbreviato[2] (art. 438 c.p.p.).

Il PM ha tempo sei mesi (al massimo un anno per i reati più gravi) per compiere le indagini, tuttavia può chiedere al giudice una proroga qualora entro quel termine  non sia ancora riuscito a trovare le prove (art. 406 c.p.p.). In ogni caso, il termine massimo non deve superare i diciotto mesi (o i due anni per i reati più gravi).

Concluse le indagini il P.M. può chiedere l’archiviazione del procedimento se esistono le seguenti motivazioni a sostegno:

  • se si convince che il fatto denunciato non è un reato;
  • se il reato non è stato commesso dal soggetto denunciato;
  • se, nel frattempo, il reato si è prescritto;
  • se il fatto denunciato è particolarmente tenue (archiviazione per particolare tenuità del fatto).

In caso contrario può chiedere il rinvio a giudizio dell’indagato e l’atto successivo a quello di chiusura delle indagini preliminari è il decreto di fissazione della udienza preliminare ossia il momento in cui viene comunicato all’imputato[3] il giorno e il giudice innanzi al quale si terrà l’udienza preliminare. Fatta eccezione nei processi per direttissima quando vi è la flagranza di reato e quando entrambe le parti (accusa e difesa), in accordo, richiedono il patteggiamento o il rito abbreviato, l’udienza preliminare si tiene dinnanzi a un giudice diverso da quello per le indagini preliminari,  e cioè il G.U.P. (Giudice Udienza Preliminare). Sarà il G.U.P. a decidere, valutando le prove raccolte dagli investigatori in contraddittorio con la difesa, se l’imputato dovrà essere rinviato a giudizio affrontando un vero e proprio processo in cui saranno sentiti i testimoni, i consulenti, gli investigatori (fase dibattimentale).

L’istruzione dibattimentale rappresenta il momento centrale del processo penale e ha inizio con l’assunzione delle prove richieste dal PM e prosegue con l’assunzione di quelle richieste da altre parti, sempre secondo l’ordine di cui all’art. 493 c.p.p. sopra citato (art. 496 c.p.p.).

In alcune situazioni ci può essere l’esigenza di sentire in qualità testimoni prima della fase dibattimentale e cioè quando vi è fondato motivo di ritenere che il soggetto potrà essere esaminato nel dibattimento per infermità/altro grave impedimento o che lo stesso sia esposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso. Oppure nei casi in cui sia necessaria una perizia riguardante una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile. O, ancora,  quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l’atto al dibattimento. In questi casi, è possibile ricorrere all’Istituto dell’incidente probatorio (art. 392 c.p.p.).

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In sostanza si può ricorrere al l’incidente probatorio quando la persona offesa versa in condizione di particolare vulnerabilità come nei delitti di maltrattamenti in famiglia, stalking, pornografia minorile, violenza sessuale, mediante richiesta avanzata dal pubblico ministero (eventualmente su sollecitazione della persona offesa) e dall’indagato.

Conclusa l’istruttoria, ha inizio la fase terminale del dibattimento che è rappresentata dalla discussione finale. In particolare, il PM in prima istanza, i difensori delle parti private, e successivamente secondo il seguente ordine: la parte civile, il responsabile civile, la persona civilmente obbligata, e da ultimo l’imputato, formulano e illustrano le rispettive conclusioni.

Terminata la discussione si conclude il dibattimento e l’organo giudicante a seguito della camera di consiglio, delibera la sentenza (art. 525 c.p.p.) che può essere di proscioglimento oppure condanna che è pubblicata in udienza mediante lettura del dispositivo (art. 545 c.p.p.).

 


Note

[1] Procedimento speciale che consiste in un accordo tra il Pubblico Ministero e l’imputato circa l’entità della pena da irrogare e di conseguenza implica anche l’affermazione di colpevolezza da parte di quest’ultimo. Nella fattispecie l'imputato ottiene una riduzione della pena fino al limite di un terzo, rinunciando a far valere la propria innocenza. Sono esclusi dal patteggiamento i procedimenti relativi a delitti di prostituzione minorile, pornografia minorile e violenza sessuale di gruppo e, comunque, tutti quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza o recidivi, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria.

[2] Procedimento che si caratterizza per la mancanza della fase dibattimentale e la definizione del giudizio nella stessa udienza preliminare. Poiché il giudizio abbreviato comporta rinuncia alla fase dibattimentale e alle sue garanzie, la facoltà di rinunciarvi spetta esclusivamente all’imputato. Il P.M. non è titolare di tale facoltà, pertanto la richiesta di questa speciale forma procedimentale può essere formulata solo dall’imputato. Il giudice è obbligato ad accoglierla e a celebrare il rito abbreviato e il beneficio che deriva per l’imputato dalla scelta del giudizio abbreviato è quello della riduzione di un terzo della pena che gli sarebbe altrimenti applicata. Il rito abbreviato è caratterizzato dal fatto che escludendo il dibattimento non permette l’acquisizione delle prove nella dialettica tra le parti, utilizzandosi ai fini probatori, gli atti contenuti nel fascicolo del P.M., raccolti nel corso delle indagini preliminari. Il comma 5 prevede inoltre che l’imputato possa subordinare la richiesta di rito abbreviato a un’integrazione probatoria, necessaria ai fini della decisione. In tal caso il giudice accoglie la richiesta qualora l’integrazione appaia necessaria e non contrastante con la finalità di economia processuale cui è diretto il rito speciale e Il PM potrà, in caso di accoglimento da parte del Giudice, chiedere l’ammissione della prova contraria.

[3] con la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal PM il soggetto non è più indagato ma si diviene formalmente imputato.


 

(articolo a cura del Dottor Fabio Marcheselli,
autore del volume La consulenza tecnica di parte in ambito clinico-forense. Pratica, metodologia, formazione)

 

 

 


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Tags: diritto ctu ctp psicologo clinico codice di procedura penale codice procedura civile

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