I regali li porta Babbo Natale?
Sempre più sembra crescere l'esigenza sociale di una commercializzazione della nostra vita che ci renda omogenei ad un sistema condiviso dove ogni nostro gesto diventa merce. E' importante parlarne per capire e cambiare un sistema malato.
Dottor Sergio Stagnitta
Qualche settimana fa i miei figli mi hanno chiesto un incontro, una specie di assemblea sindacale, nella quale hanno dichiarato, perentoriamente, che quest’anno non avrebbero scritto la famigerata letterina a Babbo Natale, motivazione: Babbo Natale non esiste!
Molte persone si chiedono se è giusto alimentare questa credenza nei bambini, ovvero se è giusto “ingannarli” con racconti fantastici e personaggi inesistenti.
Avrei qualche difficoltà a rispondere a questa domanda, semplicemente perché le tradizioni legate al Natale non sono tutte uguali nel mondo. In Spagna, ad esempio, i doni sotto l’albero (nella notte del 5 e 6 gennaio), li portano i Re Magi, in altre parti, come nel nord della Francia o in Ucraina, a portarli è San Nicola e così via. Insomma tante tradizioni e tante credenze locali.
Io porrei la domanda in modo differente, ovvero: è giusto educare i propri figli al rapporto con una dimensione altra, trascendente, misteriosa? Fino a qualche anno fa avrei risposto assolutamente di no! I bambini devono cresce con la consapevolezza razionale che quello che non si vede non esiste. Dio, Babbo Natale, i Re Magi, San Nicola, i Puffi... Poi, fortunatamente per i miei figli e per me, ho cambiato idea.
Una figura molto importante che mi ha fatto cambiare idea è stata quella dell’angelo custode. Fin da quando i miei figli erano piccolissimi con mia moglie avevamo preso l’abitudine, prima di partire per un viaggio in macchina, di invocare gli angeli custodi. Questa abitudine è diventata ormai una consuetudine irrinunciabile, e così tutte le volte: 4 invocazioni, 4 angeli custodi, quattro preghiere… risultato: macchina protetta da tutti i lati!
Far crescere i propri figli insegnandoli ad evocare qualcuno di “Altro”, li aiuta, a mio avviso, a staccarsi dalla dimensione narcisistica dell’Io, dallo sguardo simmetrico, dove noi siamo costantemente il centro del mondo. Noi possiamo essere le persone più razionali e concrete dell’universo, ma dentro di noi, magari sepolta profondamente, c’è una parte che spinge verso l’alto, verso una dimensione che rompa lo schema prefissato del tutto già noto e calcolabile, un legame che un credente può assimilare a Dio, altri ad un’energia “cosmica”, alla magia, all’arte. Ciascuno di noi ha il suo particolare rapporto con la dimensione trascendentale. Se riusciamo a riconoscerla dentro di noi possiamo trasmetterla agli altri, soprattutto ai nostri figli. È una dimensione che ci mette in comunicazione, come scrivevo prima, con l’Altro (con la “A” maiuscola, come direbbe Lacan) ma anche con il nostro simile, le persone a noi vicine.
Questo legame con la dimensione misteriosa, un tempo era assolutamente naturale, faceva parte delle credenze condivise che consentivano alle persone di affidarsi a Dio, affidarsi alla sorte, soprattutto nei momenti di grande avversità. Affidarsi all’Altro vuol dire anche non avere la pretesa di risolvere sempre tutto da soli, non aver mai bisogno di nessuno. La conseguenza più evidente era trovare negli altri, i nostri vicini, un sostegno piuttosto che dei nemici da combattere, con i quali entrare in perenne competizione.
Ecco perché per lungo tempo ho raccontato ai miei figli di Babbo Natale, cercando di mantenere questa atmosfera magica, di attesa, di rottura con la quotidianità, in una parola ho cercato di preservare e custodire lo spazio del mistero che li accompagnerà, lo spero tantissimo, per tutta lo loro vita.
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