Desiderio
Tra Freud e Lacan: Dalla ricerca dell’Altro al Desiderio dell’Altro.
Il desiderio, dal latino desiderĭu(m), “desiderare”, fa riferimento ad un moto intenso dell’animo che spinge a realizzare o a possedere qualcosa che si considera un bene. Con il termine bisogno si va invece a designare una necessità primaria dell’organismo, la cui natura è non-oggettuale, ossia non connessa all’incontro tra l’oggetto e il soggetto.
Questa distinzione è utile a comprendere meglio l’accezione del desiderio, in quanto è invece, sempre connesso ad un oggetto: non esisterebbe il desiderio senza un oggetto, così come non potremmo relazionarci con gli “oggetti” senza il desiderio di essi.
Questo fa sì che il desiderio si configuri come una ricerca di equilibrio costante tra il soggetto, i suoi bisogni e l’ambiente; è grazie all’incontro tra il Sé e l’ambiente che nascono i desideri, che hanno pertanto un’origine secondaria rispetto al bisogno, che invece rappresenta la base biologica dell’essere vivente.
Da un punto di vista psicoanalitico, Sigmund Freud effettuò diverse osservazioni circa la natura psichica del desiderio, sottolineando che già nel poppante, la ricerca di bisogni fisici (la fame) possono determinare uno stato di tensione ed eccitamento, che può essere soddisfatto grazie all’intervento di un altro (la madre che offre il seno). Questo processo determina nel bambino lo stabilirsi di un ricordo legato al soddisfacimento del bisogno primario (la fame). Il desiderio, secondo Freud, è la percezione del soddisfacimento.
Il desiderio nasce quindi in una situazione in cui manca qualcosa che è stato sperimentato come gratificante, in quanto viene ricordato ciò che si è provato nel momento in cui il bisogno è stato soddisfatto. Il bambino per ritrovare nella realtà esterna quello stesso oggetto (il seno) dovrà spostare l’energia psichica dal ricordo alla motilità (grida, pianti …) in modo da attirare l’attenzione della madre. Se questo spostamento non viene soddisfatto potrebbe instaurarsi una fissazione al ricordo di tale soddisfacimento che porterebbe allo sviluppo della psicosi e della malattia mentale.
Seguendo questa prima teorizzazione, il desiderio è per Freud, un’azione psichica che tende a ricostruire la situazione originaria, in quanto esso non trova soddisfazione in un oggetto, ma nelle tracce mnestiche legate ad esso. Per Freud, dunque, si desidera qualcosa di perduto e di non riconquistabile.
Un altro autore che ha effettuato una teorizzazione particolare del desiderio è Jacques Lacan, il quale lo considerava non soltanto come una tensione verso l’oggetto desiderato, ma come quella forza che “apre” l’universo di senso che ci costituisce. A differenza di Freud che descriveva l’inconscio come un calderone in cui risiedevano le passioni e tutte le componenti istintuali più nascoste, per Lacan l’inconscio è invece governato dalla logica del desiderio.
Il desiderio è quindi la dimensione pulsionale dell’inconscio, ossia quel vettore che ci costituisce in quanto esseri concettualizzanti. In tal senso, orienta il nostro essere al mondo e il modo in cui concettualizziamo e pensiamo il mondo, non è un atto neutro ma un processo attivato da quella pulsione che è il desiderio.
È la parte più intima di uno uomo e nello stesso tempo la più sconosciuta a lui stesso; è quella forza che non si placa con la soddisfazione, né si accontenta di oggetti materiali o del conseguimento del successo. Secondo Lacan dunque il desiderio rappresenta la nostra soggettività, ossia quel tratto che ci rende inconfondibili.
Per approfondimenti
- garzantilinguistica.it
- desiderioefilosofia.com
- kainos.it
(A cura della Dottoressa Giorgia Lauro)
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