L’arte anticipa la psicoanalisi: concetti preliminari.
Nel 1930 Freud (1856-1939) riceve il Premio Goethe. Impossibilitato a spostarsi perché malato, in occasione della cerimonia, scrive una lettera che verrà letta dalla figlia Anna Freud e nella quale svela la sensibilità psicoanalitica dell’artista in questione.
Freud non farà altro che dimostrare, con il suo inconfondibile stile di ricercatore logico e metodico, non soltanto in Goethe ma in tanti altri artisti, come sia possibile portare alla luce alcuni aspetti psicoanalitici a partire dalle produzioni artistiche, in esse intrinsecamente contenuti: è possibile cioè scoprire tra le righe di un romanzo o tra le pennellate di un dipinto quei concetti psicoanalitici teorizzati e applicati nella clinica della psicopatologia da Freud e dai suoi successori, così come è possibile affermare che la stessa produzione artistica sia un atto psicoanalitico.
All’interno così della raccolta “Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio”, troviamo tutti gli scritti in cui Freud ha affrontato il tema della creazione artistica nelle sue molteplici forme, passando da Leonardo da Vinci a Shakespeare, da Michelangelo a Sofocle, fino ad arrivare al racconto di Jensen, la Gradiva, esempio per eccellenza di “psicoanalisi dell’arte”.
Ma cos’è per Freud l’opera d’arte? Come fa il poeta a scrivere le sue poesie, stupendone i lettori?
Freud avvicina l’artista al bambino: così come il bambino, attraverso il gioco , “dà un nuovo assetto alle cose del suo mondo”, prendendo questa attività molto sul serio e distinguendola perfettamente dalla realtà, allo stesso modo l’artista crea un mondo di fantasia che gli consente di godere di cose che nella realtà non potrebbero procurargli lo stesso piacere.
La fantasia adulta allora diventa il sostituto, il surrogato del gioco infantile.
Al pari del sogno, ogni fantasia adulta, in maniera camuffata, è l’appagamento di desideri insoddisfatti: “l’uomo felice non fantastica; solo l’insoddisfatto lo fa”.
Un’altra caratteristica della fantasia è il rapporto di questa con il tempo: la produzione fantastica prende inizio a partire da una impressione attuale, un evento del presente che si collega a un’esperienza interiore antica, infantile. Si crea così una fantasia relativa al futuro che potrà appagare il desiderio, come accaduto nell’infanzia .
“Passato, presente e futuro, come infilati al filo del desiderio che li attraversa”.
La similitudine tra sognatore e poeta e a sua volta tra fantasia e creazione poetica si concretizza così nei seguenti tre tempi: una impressione presente riattualizza nel poeta un ricordo dell’infanzia; da questo deriva il desiderio che crea il proprio appagamento nella produzione artistica.
Si delinea quindi quasi una formula: creazione artistica e fantasia sono derivati del gioco infantile.
L’altro aspetto importante è il tema della vergogna: mentre il bambino non prova vergogna per il proprio gioco e lo esibisce liberamente, l’adulto teme di rendere palesi le proprie fantasie ed è portato a nasconderle.
Ecco che l’artista, attraverso l’opera d’arte, così come l’inconscio fa con il sogno, ha la possibilità di esporre, mascherandole, le proprie fantasie e in qualche modo, come già detto, soddisfarle.
Bisogna aggiungere che Freud, attento investigatore dell’essere umano, pone attenzione non solo sull’artista e sulla sua opera ma anche sul fruitore di questa.
L’artista offre un godimento estetico che permette al fruitore dell’opera la liberazione di tensioni psichiche: l’osservatore ha la possibilità, attraverso l’opera d’arte, di gustare le proprie fantasie, senza vergogna, soprattutto quelle tenute, con tanta fatica, più distanti dalla propria identità.
A questo proposito, sono rimasta piacevolmente stupita nel leggere i versi di F.Pessoa, il quale, con la maestria che solo un poeta ha di creare melodie dolcissime attraverso le parole, traduce lo scienziato Freud così:
Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente.
E quanti leggono ciò che scrive,
nel dolore letto sentono proprio
non i due che egli ha provato,
ma solo quello che essi non hanno.
L’arte come insegnamento per la psicoanalisi.
L’arte come la psiconalisi costeggia e borda il vuoto della Cosa.
Nietsche: la vita per sopportare se stessa ha bisogno dell’arte: l'arte è una pratica simbolica finalizzata a organizzare l eccesso ingovernabile del reale.
Si deve prendere una distanza dalla Cosa, dal Perturbante, spesso rappresentandolo come Bello, c’è sempre una sublimazione.
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