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Come COVID-19 provoca la perdita dell'olfatto

Le cellule di supporto olfattivo, non i neuroni, sono vulnerabili alla nuova infezione da coronavirus

Come COVID 19 provoca la perdita dellolfatto

La perdita dell'olfatto o l'anosmia è uno dei primi e più comunemente riportati sintomi di COVID-19. Un nuovo studio identifica i tipi di cellule olfattive più vulnerabili alle infezioni dal nuovo coronavirus. Sorprendentemente, i neuroni sensoriali coinvolti nell'olfatto non sono tra i tipi di cellule vulnerabili.

Emozioni ai tempi del Coronavirus

La pandemia legata al Coronavirus ha attivato una serie di emozioni molto forti in ciascuno di noi. Imparare a conoscerle, comprenderle e gestirle è fondamentale per la salute psichica di tutti.

di Lucia Ianne

Emozioni ai tempi del CoronavirusLa PAURA è un’emozione fondamentale che ha permesso alla specie umana di sopravvivere e di resistere nel corso dei secoli ai pericoli presenti nell’ambiente esterno. A differenza dell’ansia, la PAURA si manifesta in presenza di uno stimolo reale, concreto, percettibile.

Con la diffusione del Covid – 19 mutano completamente i nostri parametri di riferimento e la nostra percezione del rischio.Un virus è impercettibile, invisibile, possiamo solo verificarne gli effetti, i danni.

Epidemia da Coronavirus ed effetti psicologici della quarantena

L'epidemia da Coronavirus diffusasi a partire da Dicembre 2019 ha visto molti paesi adottare misure restrittive in cui si è chiesto alle persone si isolarsi a casa o in una struttura di quarantena dedicata. Le decisioni su come e quando applicare una quarantena dovrebbero basarsi sulle prove disponibili in letteratura. A tal proposito, i ricercatori del Dipartimento di Medicina e Psicologia del King's College di Londra, hanno presentato una revisione della letteratura al fine di tracciare l'impatto psicologico della quarantena.

epidemia da coronavirus ed effetti psicologici della quarantenaQuando si parla di quarantena si fa riferimento alla separazione e/o restrizione del movimento delle persone potenzialmente esposte ad una malattia contagiosa, al fine di ridurre il rischio di contrarre il virus o infettare altre persone. Questa definizione differisce dall'isolamento, che è invece da intendersi come la separazione di quelle persone cui è stata diagnosticata una malattia contagiosa da altri soggetti che risultano invece sani.

Omeostasi dell'umore. Bassa o assente nelle persone depresse.

L'umore varia di ora in ora, di giorno in giorno e una sana regolazione dell'umore comporta la scelta di attività che aiutano a risollevare l'umore.

omeostasi dellumore

Una nuova ricerca, pubblicata su JAMA Psychiatry, del Dipartimento di Psichiatria, dell'Università di Oxford, suggerisce che un nuovo obiettivo per il trattamento e la riduzione della depressione ha come oggetto la regolazione naturale dell'umore.

Pillole di educazione socio affettiva ai tempi del CoVid-19

Il difficile compito di gestire tutto quello che stiamo provando in questa emergenza legata al Covid-19 (Coronavirus) ci porta a riflettere sul concetto di intelligenza emotiva.

Pillole di educazione socio affettiva ai tempi del CoVid 19La chiusura delle scuole e l’interruzione forzata di qualsiasi attività ha costretto milioni di famiglie italiane a ridefinire spazi, tempi e luoghi di condivisione. L’impossibilità di uscire, la riduzione dei rapporti interpersonali, la paura al solo pensiero di contrarre il virus sono tutti elementi in grado di destabilizzare l’equilibrio psicologico ed emotivo di adulti e bambini.

Pre e Post Pandemia: come la vita di tutti noi è stata colpita?

In questo articolo diamo spunti di riflessione e consigli utili per fronteggiare il post lockdown, con uno sguardo particolare rivolto ai bambini, che più di prima hanno bisogno di adulti presenti, autorevoli e coerenti e di ristrutturare una routine ormai perduta nel corso della pandemia.

di Susanna Frigerio e Chiara Filipponi

Pre e Post Pandemia come la vita di tutti noi è stata colpita

Introduzione

Data la situazione emergenziale attuale a causa del COVID-19, la vita di ognuno di noi è stata stravolta e, anche se, attualmente la situazione emergenziale sta lentamente rientrando, è doveroso chiedersi cosa si porterà dietro nei mesi a venire, perché è ancora ben lontana la normalità intesa come ritorno ad una vita precedente la pandemia.

Riflessioni sul Coronavirus

Pian piano le autorità pubbliche si renderanno conto che occorre capire e assecondare il modo di pensare del virus. Un virus non nasce allo scopo di uccidere l'organismo che lo ospita. Nasce per riprodursi.

di Nicola Ghezzani

Riflessioni sul Coronavirus

Che cosa accadrà

Per capire il coronavirus bisogna capire come pensa un virus.

Un virus, come qualunque organismo che si autoreplica, pensa essenzialmente a sopravvivere. Sin dai livelli più elementari, gli organismi biologici hanno come unica meta replicarsi, e per farlo devono conservare l'ambiente in cui la replicazione avviene. Anche un virus, per sopravvivere, deve salvare il suo ambiente, cioè il suo organismo ospite. Nel caso che ci interessa, l’organismo ospite è l'uomo.

Purtroppo nel caso del covid-19 le cose sono andate diversamente. Il coronavirus non ha trovato di fronte a sé un piccolo ecosistema in cui adattarsi; ha trovato invece il mondo globalizzato, con un'immensa megalopoli ai suoi piedi, Wuhan, una megalopoli di 11 milioni di abitanti, dove ha fatto la sua prima apparizione. Poi ha trovato gli aerei, troppi aerei, che lo hanno diffuso in altre immense megalopoli (la Lombardia è una rete di città, è cioè una grande megalopoli). L'eccessiva disponibilità di organismi da infettare l'ha reso più veloce di quanto la natura volesse e ciò ha sortito un effetto slavina, valanga. Come un'immensa palla di neve è arrivato in Europa a velocità supersonica.

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La natura non aveva intenzione di creare un mostro distruttore, il fine è co-adattare gli organismi fra loro. Per dimostrarvelo, vi invito a fare  un piccolo esperimento. Provate a vedere il film rallentato... Immaginate che l’infezione non sia accaduta così velocemente ma in tempi più lunghi. Se tutto ciò a cui stiamo assistendo fosse accaduto lentamente (non in due mesi, ma in dieci anni, coi sistemi sanitari in grado di reggere), il virus pian piano si sarebbe adattato al nostro organismo, abbassando il tasso di letalità, senza uccidere troppe persone, e soprattutto non così in fretta. Gli ospedali si sarebbero salvati e la nostra civiltà sarebbe sopravvissuta (come accadde con la febbre spagnola, nel 1918). Fra dieci anni probabilmente il coronavirus 19 sarà un qualunque virus influenzale a bassa letalità (due, trecentomila morti l'anno nel mondo). Il problema è che è stato velocissimo, e che questa velocità ha fatto crollare i sistemi sanitari del mondo e con essi, a breve, anche le istituzioni politiche.

Secondo il Baylor College of Medicine di Houston in Texas ci potrebbero volere anche 3 o 4 anni prima di avere un vaccino. Ma in realtà ce ne potrebbero volere molti di più. Nel frattempo sarà tutto diverso: il mondo che conosciamo sarà completamente cambiato. Il mondo di quelli che oggi hanno 50 anni (e a maggior ragione dei più vecchi) sarà crollato. Occorrerà andare incontro al grande cambiamento. Il traffico aereo sarà più che dimezzato, il traffico di merci affidato a macchine, il controllo del territorio sarà capillare. Saranno necessarie salute mentale e idee nuove.

Chi ha visione ed immaginazione dovrebbe cominciare a prevederlo già da adesso.

Vivere nei limiti

Pian piano le autorità pubbliche si renderanno conto che occorre capire e assecondare il modo di pensare del virus. Un virus non nasce allo scopo di uccidere l'organismo che lo ospita. Nasce per riprodursi. Ma lo ha sempre fatto in ecosistemi circoscritti. Questo virus era endemico in popolazioni di pipistrelli chiuse in piccoli spazi forestali inaccessibili. Lì uccideva un numero limitatissimo di ospiti e non dava alcuna conseguenza ai più. E non si diffondeva oltre quello stretto confine. Poi è stato diffuso dalle stravaganti abitudini alimentari ed ecologiche della specie Homo (la “Specie malata”, come la definisco nel mio ultimo libro: malata per aver gestito male la sua libertà dai vincoli istintuali ed ecologici) e si è trovato ad invadere un immenso spazio globale. Un protagonismo non previsto dalla natura.

Ora le autorità pubbliche si rendono conto che occorre ricostruire quegli spazi ecologici limitati che possono favorire il controllo del virus: niente crociere e voli aerei (se non quelli necessari), niente spostamenti al di fuori dell'area locale, niente assembramenti, ecc. per evitare che una massa di contagiati travolga le fragilissime strutture del sistema sanitario. La contrazione in casa che ci viene ordinata (finalmente, non solo “consigliata”) è la premessa per ridurre l'espansione del virus, quindi per poter ripristinare in futuro alcuni spazi ecologici compatibili. Per poterci permettere l'attuale fase di drastica riduzione, dobbiamo apprendere a rimodulare la nostra mente. Vivere in spazi ristretti significa veder esplodere conflitti sopiti, sia coniugali che generazionali. Significa veder esplodere sintomatologie psichiche che erano latenti. Significa dover sopportare la limitazione della fantasia e del desiderio. Il mio consiglio è di dare alla mente e al corpo una nuova organizzazione.

Vi do quattro piccoli consigli.

  • PRIMO, usare la rete solo per informarsi un paio di volte al giorno e per comunicazioni necessarie. Il rischio che la rete vada in sovraccarico è oggettivo. Lo stesso vale per ogni altro servizio: la luce, il gas ecc.
  • SECONDO, tenere un regolare rapporto fra veglia e sonno: anche se siete inquieti e non dormite, restare a letto al buio tutte le ore dedicate al sonno, ciò manterrà in equilibrio l'alternarsi circadiano, giornaliero, delle molecole della quiete e del sonno nel vostro organismo. Se i vicini, gli adolescenti in particolare, disturbano questo ritmo, chiedete loro di essere solidali. Un anziano può essere ucciso dalla mancanza di sonno, un professionista può essere danneggiato. Se tuo figlio adolescente disturba, ascolta musica anche la notte, inverte la notte col giorno, aiutalo a cambiare.
  • TERZO, fare esercizi di yoga o di ginnastica da camera, da soli o in famiglia: a questo scopo si può richiedere la guida dei maestri e degli istruttori che sono attivi online.
  • QUARTO, chiedere aiuto agli psicologi che lavorano online, che sono ormai la maggioranza. Vi aiuteranno ad affrontare conflitti emersi di recente e sintomi destabilizzanti (ansie, angosce catastrofiche, panico, idee ossessive, fobie alimentari, ipocondria, depressione, derealizzazione, ecc.).

I servizi pubblici devo essere decongestionati; i servizi privati devono al contrario essere tenuti vivi, attivi. La vita deve riprendere dai livelli più essenziali.

Un consiglio

Un consiglio che vorrei dare ai miei amici e lettori è di non rifuggire dagli impegni presi con se stessi prima della crisi sanitaria che stiamo oggi attraversando. L'angoscia può avere almeno due esiti egualmente patologici: la fuga maniacale in una pericolosa negazione del problema, e l'ansia catastrofica, con gravi spunti depressivi, che introduce il caos nell'ordine pregresso. In entrambi i casi si tende a sfuggire alle mete che ci si era prefissi di raggiungere. Ma così agendo si rende l'emergenza più pericolosa, o per la salute fisica o per la salute psichica.

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Chi ha in corso una psicoterapia (o qualunque altra terapia) o una iniziativa importante per la propria vita, la porti avanti. Il mondo resta lì, ad attenderci. Non sarà fuggendo da esso che ne eviteremo il peso. Fatto il nostro dovere di salvaguardare la salute, riprendiamo i nostri impegni nelle modalità più consone. Faccio presente ai colleghi e agli amici che la psicoterapia, come molte altre attività, viene svolta con efficacia online (p. es. su Skype o su WhatsApp) o anche per telefono. Almeno per le settimane e forse i mesi necessari a superare questa inattesa emergenza.

Darsi tempo

La cosa peggiore, in certi momenti della vita, è farsi prendere dalla frenesia.

La comunicazione via internet, e soprattutto lo smartphone, ci hanno abituato a un tempo rapido e a una concentrazione di brevissima durata. L'epidemia in corso ci incalza col suo passo angoscioso: l'empatia ci porta a soffrire anche per chi è lontano; l'istinto di sopravvivenza ci sovraccarica di ansie per la salute nostra e dei nostri cari. Tutto spinge ad una frenetica ricerca di informazioni sui media, che spinge a sua volta il mondo dell'informazione a riciclare frammenti di vecchie notizie con titoli sempre più forti, aggravando il carico di angoscia.

Questo attuale, però, non deve essere il momento della frenesia. Per evitare il caos mentale è importante restituire al tempo la sua dimensione. La Scienza ha bisogno di tempo: gli scienziati studiano le vecchie ricerche e i vecchi rimedi, talvolta hanno intuizioni nuove; ma poi devono proporre, discutere, sperimentare. Talvolta si può già sperimentare sull'uomo, altre volte bisogna farlo prima sugli animali. Occorre aspettare. Lo scienziato ha i suoi tempi; la Scienza ha i suoi tempi. Il personale sanitario è incalzato dalla massa dei malati, ma poi il gesto dell'operatore deve essere fermo e calmo e la natura deve fare il suo corso.

Il tempo servirà al sistema sanitario per organizzarsi, curare i medici infetti, dotarsi degli strumenti necessari.

Infine, il tempo è necessario anche al virus per adattarsi all’organismo umano senza fare troppe vittime. Se ne rallentiamo la corsa, non darà luogo a mutazioni pericolose: è il numero di atti replicativi che aumenta la probabilità di una mutazione.  

Dare tempo al tempo, si diceva una volta. Se ci dedichiamo al rispetto reciproco, alle regole che ci vengono prescritte (prima fra le quali restare a casa e non esporci), se ciascuno farà il suo lavoro, come facciamo noi psicologi, avremo già occupato bene il nostro tempo.

Di tempo ce ne vorrà. Ma non dobbiamo scomporci.

 

(Articolo a cura del Dottor Nicola Ghezzani, Psicologo, Psicoterapeuta, Saggista, Scrittore)

 

 

 


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Una filastrocca contro il Coronavirus

Giuseppe Maiolo, Psicologo e Psicoanalista, ci spiega come aiutare i bambini, attraverso fiabe e filastrocche, in questo particolare momento di emergenza.

Una filastrocca contro il Coronavirus

In questo momento non c’è solo il Coronavirus da fronteggiare. C’è piuttosto la paura che per certi versi contagia molto di più. Ci sono le nostre ansie, l’incertezza che aumenta giorno dopo giorno, l’insicurezza dei tempi che viviamo, l’angoscia di non essere più padroni della nostra esistenza.

I bambini non sono da meno in quanto a paure. Più sono piccoli e più vivono le paure evolutive comuni a tutti i bambini perché non conoscono il mondo e i suoi pericoli. Ma a questi piccoli e grandi timori, si aggiungono spesso anche le paure degli adulti, le preoccupazioni dei genitori, le ansie di una comunità che non sempre li aiuta e li tranquillizza. Al contrario inquieta e produce panico.

Vincere contro stress e trauma da Covid-19. Intervista ad Annalisa De Filippo

La pandemia legata al Covid-19 ci ha obbligato a rimodulare in modo sostanziale la nostra esistenza e la nostra vita quotidiana. Abbiamo intervistato Annalisa De Filippo che ha indicato in un libro una strada per affrontare da un punto di vista psicologico questa particolare situazione

intervista Annalisa De Filippo su covid 19

Annalisa De Filippo è una psicologa che opera da anni e che sullo stress e sull'ansia ha già scritto più di un libro. Questa volta, pubblicata da Edizioni Psiconline, ha voluto affrontare, quasi in diretta, la terribile pandemia creata dal Covid-19 e i suoi effetti psicologici. Anzi, ha voluto prorpio partire da quelli per indicare una strada che ci consenta, anche di fornte ad un trauma così importante, di trovare una via d'uscita psicologica ad un evento che, volente o nolente, ci condizionerà ancora per molti anni.

Psiconline ha voluto incontrarla ed intervistarla per scoprire insieme il libro e i suoi particolari contenuti così da permettere ai nostri lettori una conoscenza approfondita delle dinamiche utili alla gestione del nostro quotidiano interagire con la pandemia in atto.

La pandemia da Covid-19 ci ha colpito molto duramente costringendoci a modificare radicalmente le nostre abitudini di vita quotidiane. Perché è importante, oltre alla gestione della parte medica del problema, che vi sia anche una gestione dal punto di vista psicologico.

 
La pandemia da Covid-19 può essere definita un trauma collettivo che impatta quindi a livello mentale: i rischi non sono solo per noi ma anche per le generazioni future che potrebbero subire quello che viene definito trauma transgenerazionale; il nostro cervello è infatti sottoposto ad un carico di stress potenzialmente traumatico. 
 

In che modo la pandemia ci coinvolge psicologicamente? Cosa modifica nella nostra percezione del quotidiano e della nostra vita in generale?

In generale, le restrizioni che limitano la libertà, la paura del contagio e della morte nostra e dei nostri cari che ci fa sentire in pericolo, il distanziamento e l'uso della mascherina che modificano la relazione con l'altro e la percezione di sicurezza. Ed è paradossale che l'altro sia da evitare, distanziare e temere, essendo l'uomo un animale sociale che ha invece bisogno di sentirsi al sicuro nella vicinanza con l'altro. E bisogna fare i conti con il tema del lutto per diverse perdite: persone morte, esperienze mancate, abbracci e coccole non godute, provazioni, perdite economiche e sociali. 

Nei momenti dell'emergenza sanitaria è stato fondamentale intervenire (spesso senza neppure averne gli strumenti) per impedire che il virus mietesse vittime. Oggi, a distanza di tempo e con una maggiore quantità di notizie disponibili, come è opportuno intervenire per limitare i danni psicologici che ciascuno di noi si porta dietro? oppure non vi sono solo danni ma si sono create anche opportunità?

Non possiamo negare lo stress, la fatica e il senso di perdita che la pandemia inevitabilmente porta con sè: verbalizzare - in forma scritta e/o orale - quello che proviamo e pensiamo può favorire l'elaborazione del dolore; e si, possiamo addirittura cogliere questo periodo storico difficile come l'opportunità per riflettere sulla nostra vita e migliorarla.

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Ad esempio lo stare più a casa aiuta ad entrare in contatto con se stessi, a volte questo può essere faticoso ma può portare a delle consapevolezze importanti su bisogni, desideri e a fare riflessioni che possono spingere ad attuare cambiamenti importanti nella propria vita. Come psicologa psicoterapeuta, credo sia necessario facilitare processi di accettazione e adattamento per ridurre la sofferenza psichica: non possiamo controllare gli eventi negativi ma possiamo prendere il controllo della nostra reazione. 

Agire per resistere, sembra essere questo il messaggio del libro. Possiamo davvero essere resilienti e riuscire ad ottenere situazioni di vantaggio da quello che sembra essere solo un immane problema sanitario?

Possiamo essere più che resilienti: antifragili! Se siamo resilienti resistiamo, se siamo antifragili miglioriamo. La domanda di fondo è: cosa possiamo farne di tutto questo dolore? Ad esempio, la pandemia mette i riflettori sul tema della malattia e della morte; pensare alla morte, unica cosa certa che abbiamo e che spesso cerchiamo di rimuovere, può far riflettere maggiormente sulla vita: cosa vorrei fare prima di morire? Il solo porsi questa domanda potrebbe far esplodere voglia di vivere ed energia da canalizzare in obiettivi che favoriscono la realizzazione personale e il benessere.

Perché scegliere di scrivere un libro sugli effetti del Covid-19 e sulla possibilità di gestirne gli effetti sulla nostra psiche? Non rischia di essere l'ennesima voce in un clamore che ormai è diventato assordante? E perché leggerlo?

Il libro non è stato scritto per allarmare sugli effetti negativi ma per mettere in luce l'importanza di elaborare quello che sta succedendo non solo per aiutare noi stessi ma anche per tutelare le generazioni future che, come detto prima, potrebbero esserne influenzate: cerchiamo di trasmettere forza e capacità di reagire anziché panico e angoscia, che possiamo appunto elaborare. Infatti, l'atteggiamento mentale con cui affrontiamo un evento negativo può influire sulla nostra capacità di mitigarne gli effetti psicologici negativi. Inoltre si vuole dare un messaggio positivo: è possibile non solo affrontare e superare un'esperienza stressante e traumatica ma anche trasformarla in possibilità di apprendimento, crescita e miglioramento.

Ad aprile 2020, nel pieno inizio dell'emergenza sanitaria, io ho perso mia nonna per Covid-19: l'esperienza dell'essere impotente e chiusa in casa mentre una persona cara era malata in un letto di ospedale mi ha toccato da vicino, ed è a lei che dedico questo libro; in suo onore ho deciso di devolvere i miei proventi ad un'associazione per sostenere progetti di accompagnamento alla morte di malati inguaribili.

Ringraziamo la Dottoressa De Filippo per la sua testimonianza e vi invitiamo a leggere il suo libro per comprendere ancora meglio le dinamiche profonde che intervengono nella nostra vita sociale e personale e come fare per gestirle al meglio.

 

 

 


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